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Kienerk Giorgio

Giorgio Kienerk – Esponente del Simbolismo e dell’Art Nouveau

Giorgio Kienerk (Firenze, maggio 1869 – Fauglia, febbraio 1948) è stato un pittore, scultore e grafico italiano, noto per il suo ruolo di transizione tra il movimento dei Macchiaioli e le nuove correnti artistiche di fine Ottocento, tra cui il Simbolismo, il Divisionismo e l’Art Nouveau. Allievo di Adriano Cecioni e Telemaco Signorini, fu parte attiva della scuola Postmacchiaiola. Kienerk non si limitò alla pittura e alla scultura, ma eccelse nell’illustrazione, collaborando con importanti riviste come La Riviera Ligure. Nel 1905 assunse la direzione della Civica Scuola di Pittura di Pavia, dedicandosi per oltre trent’anni alla formazione di giovani artisti, senza mai abbandonare la propria produzione artistica.

Le sue opere esplorano una vasta gamma di temi e tecniche, riflettendo l’influenza della campagna toscana e lombarda, nonché una continua ricerca stilistica che lo portò a rinnovare il linguaggio visivo dell’epoca.

Le Opere Più Rappresentative

  • L’enigma umano (1900): Simbolo del percorso simbolista dell’artista, conservato presso la Pinacoteca Malaspina di Pavia.
  • Strada di campagna (1921): Un’opera che evidenzia la sua sensibilità per il paesaggio toscano, esposta alla Permanente.
  • Mattino d’estate (1921): Dipinto che cattura la luce e l’atmosfera rurale, tipico del periodo Fauglia.
  • Il pagliaio (1921): Testimonianza della transizione stilistica tra il Divisionismo e la resa naturalistica.

L’Eredità di Giorgio Kienerk

Giorgio Kienerk è ricordato come una figura chiave nella transizione artistica tra Ottocento e Novecento. La sua capacità di abbracciare e rinnovare correnti come il Simbolismo e l’Art Nouveau, oltre alla dedizione all’insegnamento, lo hanno reso un punto di riferimento per generazioni successive. Il Museo Kienerk a Fauglia conserva una vasta collezione delle sue opere, evidenziando la sua versatilità e la profondità della sua produzione artistica.

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La Volpe Alessandro

Alessandro La Volpe – Esponente della Scuola di Posillipo

Alessandro La Volpe (Lucera, febbraio 1820 – Roma, agosto 1887) è stato un pittore italiano, considerato uno degli esponenti più rappresentativi della seconda generazione della Scuola di Posillipo. Allievo di Gabriele Smargiassi e Salvatore Fergola presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, sviluppò uno stile raffinato che coniugava la cura per i dettagli con un uso sapiente della luce. La Volpe si dedicò principalmente a vedute paesaggistiche, ritraendo luoghi iconici come il golfo di Napoli, la costiera amalfitana e le rovine di Pompei. Nel 1851 seguì il duca di Leuchtenberg in Sicilia ed Egitto, esperienza che influenzò profondamente la sua sensibilità artistica. Nel corso della carriera espose le sue opere in contesti prestigiosi come l’Esposizione Borbonica e la Promotrice di Belle Arti di Napoli, ricevendo importanti riconoscimenti.

Dopo aver vissuto a Napoli e Firenze, si trasferì a Roma, dove aprì uno studio in via Margutta e proseguì la sua attività artistica fino alla morte nel 1887.

Le Opere Più Rappresentative

  • Templi di Paestum (1848): Una rappresentazione ideale delle celebri rovine campane, esposta all’Esposizione Borbonica.
  • Panorama di Pompei (1866): Premiata con la medaglia d’oro e successivamente presentata all’Esposizione Universale di Parigi del 1867.
  • Veduta del bosco di Persano con zattera sul fiume Sele (data incerta): Conservata al Palazzo Reale di Napoli, rappresenta una visione romantica del paesaggio campano.
  • Ruderi del teatro greco di Taormina (1864): Un’opera che cattura la bellezza della Sicilia, custodita al Museo di Capodimonte.

L’Eredità di Alessandro La Volpe

Alessandro La Volpe ha contribuito a consolidare il prestigio della Scuola di Posillipo, combinando la tradizione paesaggistica napoletana con influenze provenienti dai suoi viaggi e dagli incontri con altri artisti. La sua capacità di catturare la luce e i dettagli naturali lo ha reso un maestro del vedutismo ottocentesco. Le sue opere continuano a essere apprezzate per la loro intensità e la rappresentazione poetica del paesaggio italiano.

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Laezza Giuseppe

Giuseppe Laezza – Esponente del Realismo Napoletano

Giuseppe Laezza (Napoli, maggio 1835 – Napoli, maggio 1905) è stato un pittore italiano noto per i suoi paesaggi e nature morte, caratterizzati da un forte legame con la tradizione della Scuola di Posillipo. Formatasi nel solco tracciato da maestri come Giacinto Gigante, Laezza si distinse per la sua fedeltà al realismo, evitando derive fantastiche. Dal 1880 insegnò all’Istituto di Belle Arti di Napoli, contribuendo alla formazione di nuove generazioni di artisti. La sua carriera espositiva iniziò nel 1877 all’Esposizione Nazionale di Napoli. Proseguì poi  con importanti partecipazioni, tra cui la Mostra Nazionale di Torino del 1884 e l’Esposizione Universale di Parigi del 1878.

Le opere di Laezza rivelano un’attenzione particolare per il paesaggio campano e le sue variazioni atmosferiche, con scene che catturano l’essenza della vita quotidiana e il fascino naturale dei luoghi. Tra i suoi dipinti più noti figurano vedute di Pompei, Resina e Casamicciola, che coniugano abilità tecnica e sensibilità poetica. Morì a Napoli nel 1905, lasciando un’importante eredità artistica.

Le Opere Più Rappresentative

  • Una mala pesca alla Marinella (1877): Raffigurazione verista di una scena quotidiana napoletana, presentata all’Esposizione Nazionale di Napoli.
  • Panorama di Pompei (1884): Un’opera che cattura la maestosità e il mistero della città antica, esposta alla Promotrice Napoletana.
  • Processione di bambini in una festa di campagna (1878): Esposta all’Esposizione Universale di Parigi, rappresenta la vita popolare con un approccio lirico.
  • La pioggia (1885): Un paesaggio atmosferico che mette in evidenza la maestria dell’artista nel rendere i fenomeni naturali.

L’Eredità di Giuseppe Laezza

Giuseppe Laezza ha lasciato un segno profondo nella pittura napoletana dell’Ottocento, grazie alla sua dedizione al realismo e alla valorizzazione dei paesaggi e delle scene quotidiane. Le sue opere, esposte in contesti nazionali e internazionali, rappresentano un punto di riferimento per la comprensione dell’evoluzione della Scuola di Posillipo e del paesaggismo italiano. Il suo contributo all’insegnamento ha inoltre influenzato una generazione di artisti, garantendo la continuità di questa importante tradizione.

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Lancerotto Egisto

Egisto Lancerotto – Maestro del Verismo Veneziano

Egisto Lancerotto (Noale, agosto 1847 – Venezia, maggio 1916) è stato un esponente di rilievo della Scuola Veneziana del Vero, conosciuto per la sua pittura di genere e la rappresentazione di scene quotidiane. Dopo essersi formato all’Accademia di Belle Arti di Venezia sotto maestri come Michelangelo Grigoletti e Pompeo Marino Molmenti, Lancerotto si dedicò a una pittura realista, caratterizzata da una vivace attenzione ai dettagli e alla vita popolare. Partecipò a numerose esposizioni in Italia e all’estero, conquistando il pubblico con opere che raffigurano intimi affetti familiari e la mondanità veneziana.

Durante la sua carriera, Lancerotto sperimentò anche influenze simboliste e divisioniste, benché con minor successo rispetto alla sua produzione più tradizionale. Le sue opere, intrise di una sensibilità vivace e cromaticamente ricca, rimangono testimonianza di una Venezia affascinante e vibrante. Oggi, molte delle sue creazioni sono custodite nella Quadreria Civica Lancerotto presso il Palazzo della Loggia di Noale.

Le Opere Più Rappresentative

  • Piccoli pittori (1881): Scena di vita quotidiana, dove l’artista celebra l’infanzia e la semplicità della vita rurale con una resa pittorica minuziosa.
  • Felicità materna (1886): Un’opera che esalta gli affetti familiari attraverso un’ambientazione intima e dettagliata.
  • Regata veneziana (1887): Raffigura un evento tipico della tradizione veneziana, con una vivace rappresentazione del movimento e dei colori.
  • Chioggiotti in porto (1897): Dipinto di grande realismo che illustra la vita dei pescatori di Chioggia, simbolo dell’autenticità popolare.

L’Eredità di Egisto Lancerotto

Egisto Lancerotto è ricordato per la sua capacità di catturare la vita quotidiana attraverso uno stile coloristico vibrante e un realismo empatico. La sua opera rappresenta una delle testimonianze più significative della Scuola Veneziana del Vero, collocandolo accanto a artisti come Guglielmo Ciardi e Giacomo Favretto. Il lascito artistico di Lancerotto è particolarmente apprezzato nella sua città natale, Noale, dove molte delle sue opere sono conservate, celebrando il suo contributo alla pittura italiana del XIX secolo.

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Laurenti Cesare

Cesare Laurenti – Maestro del Simbolismo Italiano

Cesare Laurenti (Mesola, novembre 1854 – Venezia, novembre 1936) è stato un artista poliedrico, attivo come pittore, scultore e architetto. Formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e influenzato dai suoi studi a Napoli sotto Domenico Morelli, Laurenti si affermò inizialmente con opere di stampo accademico e storico. Trasferitosi a Venezia, assimilò le influenze locali di Giacomo Favretto, per poi evolversi verso uno stile simbolista, caratterizzato da un forte contenuto metaforico e da influenze del gusto liberty.

Tra i momenti salienti della sua carriera si annovera la vittoria del premio Principe Umberto alla Prima Esposizione Triennale di Brera nel 1891 con l’opera Le Parche. Questo successo segnò l’inizio di una produzione più matura e riflessiva, come dimostrano opere iconiche come Fioritura Nova, esposta a Ca’ Pesaro. Laurenti operò anche nel campo dell’architettura e della decorazione, contribuendo a progetti di grande rilievo come la Pescheria di Rialto a Venezia.

Le Opere Più Rappresentative

  • Le Parche (1891): Vincitrice del premio Principe Umberto, quest’opera rappresenta il passaggio di Laurenti verso il simbolismo, con una composizione intrisa di allegorie sulla vita e il destino.
  • Fioritura Nova (1894): Dipinto simbolista conservato a Ca’ Pesaro, raffigurante la rinascita e la bellezza con un linguaggio figurativo onirico e complesso.
  • La meraviglia in attesa (1891-1897): Capolavoro della maturità, un’opera carica di tensione emotiva, ora parte della collezione Fondazione Cariplo.
  • Le statue d’oro (1903): Imponente fregio ceramico realizzato per la Biennale di Venezia, oggi conservato nel Castello Estense di Mesola.

L’Eredità di Cesare Laurenti

Cesare Laurenti è stato un punto di riferimento per il Simbolismo e il Liberty italiani. Le sue opere uniscono un’elevata qualità tecnica a un linguaggio espressivo profondamente allegorico, influenzato dai movimenti artistici dell’epoca. La sua produzione, spaziando dalla pittura all’architettura, testimonia un dialogo costante tra tradizione e modernità. Laurenti ha contribuito anche alla valorizzazione del patrimonio veneziano, lasciando un segno indelebile nella città lagunare.

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Lega Silvestro

Silvestro Lega – Maestro del movimento dei Macchiaioli

Silvestro Lega (Modigliana, dicembre 1826 – Firenze, settembre 1895) è stato uno dei principali esponenti del movimento dei Macchiaioli, accanto a Giovanni Fattori e Telemaco Signorini. Nato in una famiglia modesta, si trasferì a Firenze nel 1843 per studiare presso l’Accademia di Belle Arti, dove si formò sotto la guida di maestri come Tommaso Gazzarrini e Luigi Mussini. Inizialmente aderì ai canoni della pittura purista, dedicandosi a soggetti storici e religiosi. Tuttavia, il fermento artistico e culturale del periodo lo portò a frequentare il Caffè Michelangelo, luogo di ritrovo degli artisti innovatori che avrebbero dato vita al movimento macchiaiolo.

Dopo un periodo di militanza risorgimentale, Lega si dedicò alla pittura en plein air, ritraendo scene della quotidianità con una sensibilità poetica unica. La sua arte trovò un’importante evoluzione grazie all’incontro con la famiglia Batelli, che lo ospitò nella loro dimora nella campagna fiorentina. Qui dipinse alcune delle sue opere più celebri, tra cui Il canto dello stornello e Il pergolato. Sebbene negli anni successivi abbia attraversato crisi personali e professionali, la sua produzione rimase prolifica, guadagnandosi un posto di rilievo nella storia dell’arte italiana.

Le Opere Più Rappresentative

  • Il canto dello stornello (1867): Una scena intima e poetica che celebra la serenità della vita quotidiana, oggi conservata nella Galleria d’Arte Moderna di Firenze.
  • Il pergolato (1868): Considerata una delle opere simbolo del movimento macchiaiolo, raffigura una famiglia riunita in un momento di quiete, custodita alla Pinacoteca di Brera.
  • La visita (1868): Un esempio della pittura di Lega che racconta la vita familiare con lirismo e attenzione ai dettagli, esposta alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
  • La raccolta delle rose (1862): Una rappresentazione en plein air che esalta la bellezza della natura e il lavoro rurale, conservata nella Galleria d’Arte Moderna di Firenze.

L’Eredità di Silvestro Lega

Silvestro Lega ha lasciato un’impronta indelebile nell’arte italiana grazie alla sua capacità di fondere la tradizione rinascimentale con le innovazioni del Realismo. La sua adesione al movimento macchiaiolo ha segnato una svolta nella pittura dell’Ottocento, introducendo un nuovo modo di rappresentare la luce e i volumi attraverso il contrasto di colori e ombre. Le sue opere raccontano l’Italia rurale e le sue trasformazioni, offrendo una visione intima e autentica della vita quotidiana.

Nonostante le difficoltà personali e le critiche del tempo, Lega è oggi riconosciuto come uno dei più grandi pittori italiani del XIX secolo. La sua produzione, che spazia dai ritratti alle scene di genere, continua a essere ammirata per la sua capacità di coniugare emozione e tecnica.

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Lessi Giovanni

Giovanni Lessi – Maestro dell’Impressionismo Italiano

Giovanni Lessi (Firenze, maggio 1852 – Firenze, febbraio 1922) è stato un pittore italiano, noto per le sue opere ispirate alla quotidianità e per l’influenza dell’Impressionismo francese. Figlio di Agostino Lessi, scenografo, Giovanni si avvicinò all’arte sin da giovane, studiando presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, sotto la guida di Giovanni Fattori e Michele Gordigiani. L’artista dimostrò presto grande versatilità, esplorando tecniche come l’olio, l’acquerello, l’illustrazione e la scenografia.

Debuttò nel 1876, ma ottenne notorietà solo a partire dal 1881, esponendo regolarmente alla Promotrice Fiorentina. La sua pittura inizialmente si concentrò su scene della vita quotidiana, raffigurate con una pennellata elegante e narrativa. Tuttavia, il contatto con l’Impressionismo, forse a seguito di un soggiorno a Parigi negli anni Ottanta del XIX secolo, portò a una trasformazione stilistica, con maggiore attenzione alla luce e al colore. Parallelamente, Lessi si dedicò anche all’attività di grafico, lavorando per la manifattura di ceramiche Cantagalli e realizzando tavole ispirate alla Roma imperiale. Le sue ultime esposizioni risalgono agli anni Novanta, ma continuò a lavorare fino agli anni Dieci del Novecento. Giovanni Lessi morì a Firenze nel 1922.

Le Opere Più Rappresentative

  • Un chiacchiericcio di donne dopo la pioggia (1881): Rappresenta un momento semplice e quotidiano, con signore borghesi intente a chiacchierare.
  • Una giornata di nebbia a Parigi (1886): Un’opera che evidenzia l’influenza impressionista attraverso l’uso del colore e della luce.
  • Bois de Boulogne a Parigi: Rende omaggio alle vedute urbane francesi con una pittura delicata e luminosa.
  • Il Caffè del Bottegone (1890): Raffigura un elegante ritrovo borghese, un’opera dal gusto raffinato e moderno.

L’Eredità di Giovanni Lessi

Giovanni Lessi è ricordato per la capacità di unire l’eleganza narrativa della tradizione italiana alle innovazioni dell’Impressionismo. Le sue opere, incentrate sulla vita quotidiana e sulle vedute urbane, offrono uno spaccato della modernità di fine Ottocento, in cui il colore e la luce giocano un ruolo predominante. L’influenza del soggiorno parigino e il confronto con l’arte francese si riflettono nella sua pittura, che tuttavia conserva un tocco personale e un legame con la sua formazione fiorentina.

L’eredità artistica di Lessi si esprime anche nella sua attività di grafico e illustratore, testimoniata dalle tavole dedicate alla Roma antica e dai lavori per Cantagalli. Sebbene il suo nome non sia oggi universalmente noto, le sue opere sono apprezzate per il loro fascino discreto e la capacità di raccontare la vita contemporanea attraverso una sensibilità pittorica unica.

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Lessi Tito

Tito Lessi – Maestro della Pittura Storica dell’Ottocento

Tito Lessi (Firenze, gennaio 1858 – Firenze, febbraio 1917) è stato un pittore italiano specializzato nella pittura storica e di genere. La sua formazione accademica, maturata presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la guida di Enrico Pollastrini e Antonio Ciseri, lo portò a eccellere in un’arte raffinata e meticolosa. Si ricorda per  la capacità di creare composizioni iconografiche complesse e di grande espressività.

Nel 1884 si trasferì a Parigi su invito del gallerista Goupil & Sedelmeyer.  Nella capitale francese  raggiunse l’apice della carriera. Tra le sue opere più celebri si annovera Galileo e Viviani, che vinse la medaglia d’oro al Salone dei Champs Élysées nel 1893 e fu successivamente esposta in importanti manifestazioni artistiche a Monaco di Baviera e Lipsia. Nel 1896 Lessi tornò a Firenze, dove continuò a dipingere opere di grande successo.

Tra i suoi contributi più significativi vi è l’illustrazione di cento tavole per la prestigiosa edizione del Decameron di Giovanni Boccaccio. Commissionatagli dall’editore Alinari e completata nel 1915,  fu il frutto di sei anni di lavoro instancabile. La dedizione di Lessi alla pittura storica e di genere, pur mantenendosi lontano dalle avanguardie, lo ha reso uno degli interpreti più rappresentativi del gusto accademico dell’Ottocento.

Le Opere Più Rappresentative

  • Galileo e Viviani (1892): Un capolavoro della pittura storica, esposto al Salone dei Champs Élysées e oggi conservato al Museo Galileo di Firenze.
  • Partita a biliardo (1893): Un’opera di genere che cattura un momento di vita quotidiana, celebre per la sua composizione e attenzione ai dettagli.
  • Paolo Toscanelli e gli ambasciatori del Portogallo (1903): Un dipinto storico che ritrae un momento cruciale della storia delle esplorazioni geografiche.
  • Illustrazioni del Decameron (1915): Una raccolta di cento tavole create per l’edizione Alinari, simbolo della maestria di Lessi nell’arte dell’illustrazione.

L’Eredità di Tito Lessi

Il pittore toscano ha lasciato un’eredità artistica significativa, contraddistinta dalla sua dedizione alla pittura storica e di genere. La sua capacità di combinare rigore accademico e sensibilità narrativa ha prodotto opere che restano esempi illustri della pittura ottocentesca. Sebbene vissuto in un’epoca di cambiamenti artistici radicali, Lessi rimase fedele al proprio stile, ignorando le mode e dedicandosi a un’arte che rifletteva i valori tradizionali e accademici.

Le sue opere, ancora oggi apprezzate da collezionisti e musei internazionali, testimoniano il suo ruolo di protagonista nella scena artistica dell’epoca, soprattutto nel contesto italiano e francese. L’illustrazione del Decameron rappresenta il culmine della sua carriera, un’opera monumentale che celebra il suo talento nella narrazione visiva e nella padronanza tecnica.

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LLoyd LLewelyn

Llewelyn Lloyd – Maestro del Paesaggismo Naturalista

Llewelyn Lloyd (Livorno, agosto 1879 – Firenze, ottobre 1949) è stato uno dei più apprezzati paesaggisti italiani del XX secolo, capace di fondere le influenze della pittura naturalista e divisionista in una visione personale e poetica. Figlio di un commerciante gallese e di una livornese, fu inizialmente avversato nella sua vocazione artistica dalla famiglia. Tuttavia, grazie alla sua passione e determinazione, trovò la propria strada nella pittura.

Formatosi come autodidatta, il giovane Lloyd frequentò lo studio di Giovanni Micheli, allievo di Giovanni Fattori, a Livorno, dove strinse amicizia con futuri artisti come Amedeo Modigliani, Oscar Ghiglia e Gino Romiti. Dopo un breve soggiorno a Venezia, si trasferì a Firenze per frequentare la scuola libera del nudo sotto la guida di Fattori. Durante questo periodo, si avvicinò al divisionismo, arricchendo il suo linguaggio pittorico con una tecnica luministica che donava vibrante profondità alle sue opere.

Nel corso della sua carriera, Lloyd sviluppò un forte legame con i paesaggi dell’isola d’Elba, dove trascorse lunghi periodi estivi a partire dal 1907, rappresentandoli in opere che esaltano la bellezza naturale del luogo. La sua produzione si arricchì con scene di vita quotidiana, studi d’interni e nature morte, sempre caratterizzate da una particolare attenzione alla composizione e alla resa cromatica.

Le Opere Più Rappresentative

  • I ponti di Manarola (1904): Un paesaggio che cattura la quiete delle Cinque Terre con uno stile divisionista unico.
  • Giardino in fiore (1908): Un trittico premiato all’Esposizione annuale di Belle Arti a Firenze, oggi conservato presso la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti.
  • Il castagno morto (1908): Un’opera ispirata ai paesaggi dell’Elba, esposta al Salon d’Automne di Parigi e alla Secessione romana.
  • Il paese dopo l’alluvione (1909): Un trittico che documenta i segni dell’alluvione sull’isola d’Elba, esposto alla Biennale di Venezia.

L’Eredità di Llewelyn Lloyd

Llewelyn Lloyd lasciò un’impronta duratura nel paesaggismo italiano del Novecento. La sua capacità di fondere il rigore del naturalismo con la sensibilità luministica del divisionismo ha ispirato generazioni di artisti. I suoi dipinti, custoditi in collezioni private e musei come la Galleria d’Arte Moderna di Firenze, rappresentano un patrimonio culturale che documenta la bellezza del paesaggio italiano, in particolare della Toscana e dell’isola d’Elba.

La sua influenza si estese anche alla critica e alla letteratura artistica, grazie al suo contributo come autore di saggi sulla pittura italiana dell’Ottocento. La sua dedizione all’arte, nonostante le difficoltà personali e storiche, rimane un esempio di passione e resilienza creativa.

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Lojacono Francesco

Francesco Lojacono – Maestro del Paesaggismo Siciliano

Francesco Lojacono (Palermo, maggio 1838 – Palermo, febbraio 1915) è considerato uno dei più grandi esponenti del paesaggismo siciliano del XIX secolo. La sua pittura, luminosa e vibrante, gli valse il soprannome di “Pittore del sole”. Figlio d’arte, iniziò i suoi studi con il padre Luigi e perfezionò il suo talento sotto la guida di Salvatore Lo Forte.

Dopo un periodo formativo a Napoli, dove entrò in contatto con i fratelli Giuseppe e Filippo Palizzi, Lojacono proseguì i suoi studi a Firenze, avvicinandosi alla scuola dei Macchiaioli. Prese parte a eventi storici significativi, come la Spedizione dei Mille, durante la quale fu ferito e imprigionato. Questi episodi, tuttavia, non lo distolsero dalla pittura, e nel 1864 il dipinto “Mare all’Acquasanta” gli garantì un primo riconoscimento.

Lojacono espose in prestigiose sedi internazionali, come l’Esposizione internazionale di Parigi nel 1878 e la prima Biennale di Venezia nel 1895. Divenne docente di pittura di paesaggio all’Accademia di Belle Arti di Palermo, formando allievi illustri come Ettore De Maria Bergler. Tra i suoi committenti si annoverano re Umberto I e la regina Margherita di Savoia. Nel 1891 espose all’Esposizione Nazionale di Palermo, consolidando la sua fama.

Le Opere Più Rappresentative

  • Veduta di Palermo (1875): Un affascinante scorcio della città siciliana, custodito alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo.
  • L’arrivo inatteso (1883): Dipinto acquistato dalla regina Margherita per il Palazzo del Quirinale, un capolavoro di luminosità e dettaglio.
  • Dopo la pioggia (1886): Opera commissionata dalla principessa Giulia Lanza di Trabìa, celebrata per l’intensità atmosferica.
  • La valle dell’Oreto (1870): Un paesaggio esposto a Vienna e Parigi, simbolo del suo stile unico.

L’Eredità di Francesco Lojacono

Francesco Lojacono rivoluzionò la pittura paesaggistica siciliana, introducendo una tecnica che fondeva realismo e luminismo. La sua abilità nel catturare la luce e i colori del paesaggio siciliano ne fece un precursore della pittura moderna dell’isola. Fu anche tra i primi pittori a utilizzare la fotografia come riferimento per le sue opere, contribuendo a rendere i suoi dipinti straordinariamente fedeli alla realtà.

Le sue opere, conservate in importanti collezioni pubbliche e private, continuano a essere apprezzate per la loro poesia visiva e per la capacità di evocare la bellezza e l’essenza della Sicilia. Artisti come Michele Catti e Gennaro Pardo si ispirarono alla sua arte, consolidando il ruolo centrale di Lojacono nella tradizione pittorica siciliana.

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